giovedì 31 marzo 2011

Là dove osano le Trote

Scusate, ma la Sicilia è più a sud di Roma, giusto? No, non sono impazzito né ho perso totalmente l'orientamento. Ragionavo su Renzo Bossi, "il Trota". Il figlio dell'Umberto, l'enfant prodige della Lega Nord. L'anno scorso aveva informato l'intero Paese (ma forse si stava rivolgendo solo ai connazionali padani) di non essere mai sceso più a sud della Capitale. Già mi sembrava tanto che fosse arrivato fino alla Caput Mundi. Ora ha deciso di sconvolgermi e fare un giretto in Sicilia - dove peraltro ormai non mancano i legami con la Lega. Qualche settimana fa, alla Bit di Milano, Bossi jr aveva promesso agli operatori turistici agrigentini che sarebbe andato a Favara, paese natale della mamma Manuela Marrone.
Il giovin consigliere regionale lumbard ha visitato dunque la città agrigentina, sulle tracce del bisnonno Calogero Marrone. Un partigiano arrestato dalle SS nel 1944 e deportato a Dachau, dove morì. Da impiegato dell'anagrafe Marrone è passato alla storia (meno di quanto meritasse, in realtà) come lo Schindler siciliano, il "Perlasca favarese". Favarese, ma a Varese. Nella città lombarda si era trasferito negli anni Trenta e lì aveva rilasciato 200 carte d'identità false ad altrettanti ebrei, salvandoli così dalle persecuzioni naziste.
Favara si autodefinisce "la città dell'agnello pasquale". Consigliamo di cambiare animale-simbolo.

mercoledì 30 marzo 2011

Il derby non è una partita come le altre

Il 2 febbraio 2007 era il mio ventiquattresimo compleanno. Di venerdì, sono uscito con alcuni amici a bere qualcosa. Quel giorno si giocava il derby Catania-Palermo nel campionato di serie A di calcio. Non sapevo nulla del risultato né di come fosse andata la partita. Un amico a un certo punto mi ha chiesto se sapessi cosa era successo al Cibali. Di "clamoroso", quella volta, c'era il dramma degli scontri che portarono alla morte dell'ispettore di polizia Filippo Raciti. Ricordo che prima della tragica notizia, addirittura qualcuno parlava di torti arbitrali (i tifosi si erano incazzati per questo, certo...). Poi si è saputo con certezza che un poliziotto quarantenne era rimasto ucciso. Per quell'omicidio sono stati condannati in primo grado i catanesi Antonio Speziale e Daniele Micale. La vicenda giudiziaria è sicuramente molto complessa.
Di quell'orribile episodio ho un ricordo indelebile, fastidioso, sgradevole. Il funerale di Raciti, tre giorni dopo, il 5 febbraio. A Catania il 5 febbraio è probabilmente il giorno più atteso e importante dell'anno: è Sant'Agata, la festa della patrona, Aituzza, la santa che tutti amano e venerano. Feste lunghe settimane, celebrazioni sentite ed esaltanti. Ma quando c'è Sant'Agata, tutto il resto a Catania non esiste, non conta, passa in secondo piano (quando va bene). Il funerale di Filippo Raciti è stato celebrato nella cattedrale di Sant'Agata. Diretta tv, calciatori del Catania in lutto in piazza - qualcuno era sinceramente commosso. Due file di panche per i familiari in chiesa, otto per politici e autorità: i colleghi di Raciti lo hanno fatto notare con disappunto. Ma io avevo notato un'altra cosa, neanche tanto difficile da scorgere. Migliaia di persone erano lì, non per il povero ispettore capo. Ma per Sant'Agata, ça va sans dire. Ricordo in particolare una signora intervistata dalla tv nazionale sul motivo della sua presenza in piazza. Lapidaria, pragmatica, sicura come tanti altri: sono qui per la Santa. La devozione contava più dell'umana (e non dico cristiana...) pietà. In chiesa la vedova Raciti, Marisa Grasso, e la figlia Fabiana dissero cose forti e commoventi, con estrema dignità e umiltà. Chi celebrò la messa, l'arcivescovo Paolo Romeo, fresco di nomina a cardinale di Palermo, preferì evidentemente un'omelia in linea con la giornata. E con giornata intendo dire Sant'Agata. Si vede che è sembrato meglio parlare della Santa tanto amata, piuttosto che di un poliziotto morto giovane per la violenza cieca e ottusa e malata.
Ora, a più di quattro anni dal fattaccio, finalmente ai tifosi ospiti sarà permesso assistere al derby Catania-Palermo. Già all'andata ai tifosi rossazzurri era stata concessa la trasferta a Palermo, ma questa è la prima volta che dopo la morte di Raciti al Cibali-Massimino ci saranno sugli spalti i tifosi di entrambe le squadre. A Palermo c'era anche Marisa Grasso; a Catania ci sarà anche Marisa Grasso. La vedova Raciti si augura un minuto di silenzio, un piccolo gesto di rispetto per la famiglia e la polizia. Speriamo che per una volta la Sicilia risponda decentemente, almeno questa volta.
Sul rispetto e sulla memoria, vince comunque la scaramanzia. Il presidente del Catania, Antonino Pulvirenti, ha invitato il collega del Palermo, Maurizio Zamparini. Ma il presidente friulano non ci sarà. Non va mai in trasferta, anzi di solito non guarda neanche le partite del Palermo in casa.
Ha ragione, signora Grasso, meglio che i suoi figli ancora non tornino allo stadio. Qualcosa potrebbe davvero turbarli e non è il caso che corrano rischi. E non è detto che debbano temere solo i "tifosi".

lunedì 28 marzo 2011

Virtuosismi fuori dal Comune

Non lo sapevo, lo ammetto. Ignoravo che dal 2005 esiste un'Associazione dei Comuni Virtuosi (Acv). Per iscriversi occorre rispettare determinati parametri sulla gestione del territorio, sul rispetto dell'ambiente, sulla riduzione dell'inquinamento, sul funzionamento corretto della macchina amministrativa e burocratica. Ecologia e buona amministrazione, in pratica. In uno stato con oltre ottomila comuni, solo 53 sono virtuosi. Lo 0,65% del totale, decimale più, decimale meno. E i comuni siciliani hanno una rappresentanza più che esigua: uno. Un solo comune su 390, tremila abitanti: Aci Bonaccorsi, una delle tante "Aci" in provincia di Catania. Dove addirittura il cimitero sarà ecosostenibile. Solo uno, dunque: evidentemente le amministrazioni e gli enti locali siciliani stanno peggio degli altri. Oltre alla burocrazia e alla scarsa programmazione, metteteci pure il clientelismo e i favoritismi. Altro che virtù.
Quello che colpisce nel modello Acv è che l'Anci, l'associazione nazionale dei comuni, non abbia mai pensato di inserire nel suo statuto i parametri di funzionalità e responsabilità dei comuni "buoni". E forse la chiave di lettura principale sta proprio nella responsabilità. Il fatto è che non sono previste sanzioni ai sindaci che hanno gestito male i loro enti. Cioè ci sono comuni falliti e andati in dissesto, soprattutto al sud e in Sicilia, ma i sindaci hanno continuato a governare e fare politica. Virtuosi della poltrona.

La Vittoria e la sconfitta

Si diceva che poteva finir male ed è finita male. Georg Semir, l'albanese che si è dato fuoco a Vittoria per protesta, è morto. Come il marocchino Noureddine Adnane un mese prima. Un'altra vittima del(la mancanza di) lavoro, probabilmente. Dico probabilmente perché fin dal primo momento abbondano i distinguo; ora pare che le indagini non abbiano trovato conferme alle motivazioni che il bracciante aveva dato al suo gesto. Forse non c'entra il lavoro, forse. La vedova ha detto che l'uomo non mandava da tempo i soldi in Albania e che più volte aveva già tentato il suicidio, preso dalla disperazione.
I distinguo però non li capisco. Personalmente credo che il lavoro o la disoccupazione o lo sfruttamento c'entrassero in ogni caso. E comunque è morto un uomo, disperato a tal punto da darsi fuoco in piazza. Ancora peggio il tentativo di cavalcare la vicenda in chiave di polemica politica. Vittoria razzista... il rischio di una nuova Rosarno...: si è detto anche questo, quando Semir oltretutto era ancora vivo.
Ora che è morto, forse è il caso di prendere un po' sul serio il problema. Magari evitando di parlare di emulazione.

venerdì 25 marzo 2011

Sentieri avvelenati

- clicca per ingrandire -
Lo sapevamo già. Ora arrivano (anzi, ri-arrivano) le conferme. La Sicilia è disseminata di siti inquinati a rischio tumore, in perfetta linea con la situazione nazionale. Sono 44 i Sin (siti di importanza nazionale), mappati dall'Associazione Italiana di Epidemiologia in uno studio condotto dall'Istituto Superiore di Sanità, dalla sezione italiana dell'Oms e dalla Sapienza di Roma. Tra queste aree, quattro sono siciliane. Sempre le solite, appunto confermate anche nell'ultimo rapporto del Progetto Sentieri. SENTIERI: bel nome, evocativo, sembra di parlare di prati, boschi e passeggiate primaverili. E invece è un acronimo: Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento. I quattro siti siciliani avviati su questi Sentieri sono Gela, Milazzo, Priolo e Biancavilla. Tutti nella Sicilia orientale, nota a margine. I primi tre sono i poli petrolchimici, piazzati in altrettanti golfi bellissimi. Dove poteva farsi turismo, si raffina petrolio. L'ultimo luogo è un comune del catanese avvelenato dall'amianto.
La Sicilia paga dunque un alto tributo in termini di salute, tutto a causa del "ricatto occupazionale" che ha caratterizzato lo sviluppo industriale dell'Isola. Offriamo investimenti e occupazione, alla salute e all'ambiente ci penseremo dopo. Molto dopo. E non si tratta più soltanto di denunce di associazioni e cittadini, sono le analisi scientifiche a dirlo. A Gela come a Marghera, a Milazzo come a Taranto, l'industrializzazione senza controllo ha prodotto lavoro, morti sul lavoro, morti.

giovedì 24 marzo 2011

La filatelia lattiero-casearia

Made in Italy. Più che un'etichetta, quasi uno stereotipo, una banalizzazione, una frase buona per tutte le stagioni. A volte propaganda, in alcuni casi patriottismo spicciolo. D'accordo che tradotto vuol dire semplicemente "fatto in Italia", ma in realtà è un marchio, una categoria, un brand che dovrebbe designare solo i prodotti di qualità, "fatti" appunto in Italia secondo criteri ben precisi e disciplinari rigidi. Al di là dei settori tessili e del lusso, questo vale soprattutto per la vera grande ricchezza italiana - in termini di qualità e varietà - cioè l'agroalimentare.
Il generale De Gaulle si chiedeva come governare un paese con centinaia di formaggi diversi, e l'Italia ne ha pure più della Francia. Almeno quattrocento, una trentina dei quali con denominazioni di tipicità o di origine protetta (Dop). Siccome non c'è nulla di più identitario della nostra grande gamma di specialità locali, in piene celebrazioni del 150° anniversario dell'Unità, le Poste Italiane hanno deciso di emettere quattro francobolli da 0,60 € che raffigurano altrettanti formaggi Dop italiani, da presentare a Milanofil, il salone internazionale della filatelia di Milano. I "prescelti" sono il Gorgonzola, il Parmigiano-Reggiano, la Mozzarella di Bufala campana e il Ragusano. Inutile commentare sulla bontà dei prodotti. Mi piace però constatare la scelta del Ragusano, formaggio a forma di parallelepipedo tipico delle mie zone. Dal 1996 è una Dop e il disciplinare prevede che sia prodotto con il latte dell'ormai rara razza bovina modicana. Evidentemente ha fatto un buon lavoro di promozione il Consorzio di Tutela.
Al contadino fai sapere che il formaggio ormai è buono pure con i francobolli.

P.S. Parlando di agricoltura, la notizia dei "francobolli ai 4 formaggi" è parallela alla nomina del nuovo ministro Romano. Di lui si dice e si è detto molto, un solo post non sarebbe sufficiente. Però il "responsabile" dalle mie parti ha tanti sostenitori: tanti auguri, complimenti e speranze dalla provincia iblea, dove buona parte dell'Udc è confluita nel suo Pid, i Popolari di Italia Domani. Per l'oggi, ci stiamo attrezzando.

martedì 22 marzo 2011

La fitta Cassazione dell'ingiuria

Ora provate a dare del "mafioso" a un siciliano. Provateci. Vedrete cosa vi si scatenerà contro. E non è una minaccia mafiosa. Quando l'offesa e l'ingiuria si basano sugli stereotipi più scontati e datati... beh, almeno un po' di fantasia, suvvia. Dire a un siciliano "sei un mafioso" per offenderlo, è come dare del camorrista a un campano, 'ndranghetista a un calabrese, sequestratore a un sardo. Sto estremizzando, è un paradosso, spero si capisca. Se uno prova a darmi del mafioso, me la prendo molto seriamente, beninteso. Ma ora è arrivata una chiara sentenza della Cassazione a togliere ogni dubbio. Lo so, di sentenze strane e curiose la Suprema Corte ne ha offerte tante negli ultimi anni. Però questa volta si è superata, nel senso buono. Offendere qualcuno dandogli del "mafioso" costituisce reato di ingiuria.
Andiamo con ordine. Il fatto risale al 2006, quando una signora di Pistoia offese i suoi vicini, originari di Palermo, con i quali aveva da anni una causa civile per un appezzamento di terreno. La donna, incontrando la vicina e il marito, disse davanti ad altre persone: «Delinquenti, lei e suo marito. Sono solo dei mafiosi». Apriti cielo. La coppia si sente denigrata, perché l'offesa nasce solo da un pregiudizio "etnico" (il virgolettato è mio e si prega di rafforzarlo in lettura, ndr). Insomma, ha detto così solo perché sono siciliani. Siciliani onesti e incensurati, ricordano giustamente i legali della coppia. La donna, denunciata ai carabinieri, viene condannata per ingiuria e diffamazione dal giudice di pace e dal tribunale di Pistoia. La signora presenta ricorso ma la Cassazione lo rigetta, conferma le sentenze precedenti e afferma il principio che quell'insulto costituisce reato di ingiuria (o diffamazione, quando la parola è pronunciata davanti ad altre persone).
Al Palazzaccio di Roma non hanno avuto dubbi. Mafioso sarà lei.

domenica 20 marzo 2011

Fabbriche di vedove

Quando ho aperto questo blog, ero consapevole che parlare della Sicilia mi avrebbe esposto alla possibilità (e al rischio) di affrontare temi di esteri e di politica internazionale – e questo non mi dispiace affatto. La Sicilia sta lì, in mezzo al Mediterraneo, crocevia di traffici, contrasti, drammi e opportunità. Sapevo però con certezza che difficilmente avrei parlato del partenariato euro-mediterraneo o delle possibilità economiche che la posizione strategica offre all'Isola. Infatti più di una volta mi sono ritrovato a scrivere di immigrazione, profughi e barconi. Per chi vive a sud di Tunisi, questo è normale...
Poi sono scoppiate le rivolte in quasi tutto il Nordafrica, non ultima la Libia di Gheddafi, dove però è vera e propria guerra, ormai. E guerra in Libia vuol dire Sicilia in prima linea, volente o nolente. Sigonella, Trapani, Pantelleria: le basi aeronautiche siciliane sono al centro delle attività della Nato. A Sigonella sono pronti i caccia danesi. Addirittura Trapani Birgi sarà chiuso al traffico aereo civile, a causa delle operazioni militari. Ryanair dirotta i suoi voli su Palermo. E la Sicilia torna al centro del Mediterraneo come negli anni Ottanta. Ma come allora, solo per ragioni belliche. Siciliani sono anche cinque degli otto italiani a bordo del rimorchiatore sequestrato nel porto di Tripoli. Quattro di loro sono marittimi di Pozzallo, miei conterranei: il nostromo Salvatore Scala, Salvatore Boscarino, Antonino Arena, Giorgio Coppa. La nave è la stessa che nel 2009 soccorse 350 migranti al largo delle coste libiche. Ecco come la Sicilia sta in mezzo al Mare Nostrum... (a volte mi chiedo: "nostro", di chi?)
Quello che posso fare e dire io da queste pagine personali, è solo un commento o meglio una riflessione. Da qualche giorno mi è tornata in mente una vecchia canzone di Francesco De Gregori, Disastro aereo sul Canale di Sicilia. Del 1976, quindi Ustica non c'entra. Sembra profetica. O scritta oggi.
De Gregori scrisse la canzone dopo aver letto un articolo che denunciava l'acquisto da parte dell'Italia di molti aerei militari. 1976, trentacinque anni fa: oggi il ministro della Difesa La Russa conferma l'utilizzo di caccia italiani nei raid in Libia. Il giornalista citato nel testo pare invece sia Mauro De Mauro, grande mistero italiano e siciliano. Che sparì mentre indagava sulla morte di Enrico Mattei, altra vittima di un disastro aereo.
Poi sarebbero arrivate Ustica, Sigonella, Comiso, le stragi, i missili e la guerra fredda. Altro che mare: la Sicilia è un'isola in mezzo al cielo.

venerdì 18 marzo 2011

Gli altri morti sul lavoro

112 non è solo il numero per chiamare il pronto intervento dei Carabinieri. Centododici sono i bonifici con cui sono stati raccolti 20mila euro per Atika Tahir, vedova di Noureddine Adnane, l'ambulante marocchino morto il 19 febbraio scorso a Palermo dopo essersi dato fuoco per protesta. La sottoscrizione era stata lanciata da Repubblica insieme al Ciss (Cooperazione Internazionale Sud Sud). Il presidente del Senato Schifani ha devoluto 5.000 euro dei fondi di Palazzo Madama, il presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello, ne ha messi 1.000 a titolo personale, altrettanti li ha donati l'associazione regionale degli industriali, la redazione palermitana del giornale altri 500, e così via. Banche, enti, associazioni, comunità religiose. Ma il grosso lo fanno i singoli e le famiglie che hanno donato poche decine di euro. Poche, ma sincere.
La vedova, 21 anni, è arrivata apposta dal Marocco con la figlia Kadija di tre anni. Il consolato si sta muovendo per far rilasciare un permesso di soggiorno per Atika.
Per una storia che potrebbe concludersi benino, un'altra rischia di finire malissimo. A Vittoria, nel ragusano, Georg Semir, albanese di 33 anni, si è dato fuoco e adesso è in condizioni gravi. Le persone presenti in piazza hanno soccorso subito Semir. Motivo del gesto: pare che da qualche mese non ricevesse lo stipendio dall'azienda agricola per la quale lavorava. Almeno così ha detto lui stesso alla polizia prima di esser portato in ospedale.
Georg come Noureddine e come tanti italiani (e siciliani): lavoratori, disoccupati, non pagati e tartassati, disperati. Dall'inizio dell'anno se ne sono suicidati tre nella sola provincia di Ragusa: Paolo Cannì (poco più che trentenne), Giuseppe Scribano, Salvatore Giannone. Più un imprenditore edile di Scicli che si è ucciso a Noto. I morti sul lavoro sono anche questi.

giovedì 17 marzo 2011

Gli innocenti e gli infami

Sono un giornalista, o meglio lo sarò. Dovrei attenermi ai fatti, limitarmi a esercitare un diritto di cronaca, riportare gli eventi e cercare di non far diventare ogni notizia un commento. Però ci sono notizie e fatti che ti obbligano a commentare, a dire la tua, a prendere posizione. In questo blog e nel mio "lavoro" non mi tiro mai indietro e mi prendo la responsabilità di quello che dico e scrivo. Quando le notizie sono fattacci di cronaca, a volte è inevitabile svestire i panni "professionali". Se la notizia che leggi è un abuso su minori o un caso di pedofilia, è difficile mantenere l'equilibrio.
Alcune notizie siciliane mi hanno fatto inorridire. A Santo Stefano di Camastra, paesino del messinese noto per le ceramiche, una donna di 45 anni e un pensionato di 73 sono stati arrestati per violenze sessuali sulla figlia di lei. La ragazza oggi ha 15 anni e da quando ne aveva 8 era costretta a prostituirsi: la madre la "vendeva" al vecchio per cifre dai 20 ai 170 euro. Invece a Melilli, in provincia di Siracusa, un trentunenne è stato arrestato per aver abusato delle nipotine di 13, 9 e 7 anni. L'uomo viveva nella stessa casa delle bambine. Due notizie che fanno schifare e riflettere sulla percentuale di stupri commessi in famiglia.
Ma non ci sono solo gli abusi casalinghi. La pedofilia viaggia on-line. La polizia postale di Catania, non nuova a questo tipo di operazioni, ha sgominato una rete internazionale di pedofili, intercettando 70mila iscritti a un sito olandese. L'indagine è nata dopo l'identificazione di un bambino siciliano, il cui caso era stato segnalato dall'associazione Meter di don Fortunato Di Noto. Fossero tutti come lui, i preti...
L'operazione Rescue è stata condotta in quattordici paesi insieme all'Europol e al Ceop (Child Exploitation and Online Protection), l'organo della polizia britannica contro la pedopornografia. Finora 184 arrestati, tra cui un italiano che ha abusato del bambino siciliano; 670 persone identificate e almeno 230 bambini coinvolti, il numero più alto di vittime in una singola indagine su casi di pedofilia via internet. Età media dei pedofili, 30 anni. Quindi non ci sono solo i vecchi che fanno turismo sessuale in Brasile e Thailandia...
Al di là del fatto schifoso in sé, mi fa rabbrividire che secondo la polizia è stato smantellato il "settore ideologico della pedofilia". Qui non si parla solo di violenze, ma di "orgoglio" e "pensiero" pedofilo, di proselitismo sul sito olandese, in un forum chiamato "la stanza italiana".
Adesso non ho davvero parole. Anzi una ce l'ho. So che non è deontologicamente corretta né professionale, ma la prendo a prestito dai carcerati che ho conosciuto nei miei mesi di lavoro dietro le sbarre. Nel codice etico (non fraintendete) del carcere, chi fa del male a donne e bambini è solo un infame.

martedì 15 marzo 2011

Finché la barca sta, lasciala stare

Oggetti smarriti (foto Giorgio Caccamo, 7/1/2011)
Ho già detto che questo blog rischia di diventare monotematico sull'immigrazione. Non ci sarebbe nulla di scandaloso, gli spunti di attualità non mancano. Invece vorrei parlare di una vicenda passata che ho un po' seguito nel tempo. E che oggi scopro ripresa da qualche testata locale delle mie zone.
Alla vigilia di Pasqua del 2009, un barcone con trecento somali arrivò sulla bellissima spiaggia di Porto Ulisse, nel territorio di Ispica. Giusto la settimana dopo sarei partito per l'Africa (i casi della vita...), quindi l'ho visto solo in estate, al mio ritorno. Un anno dopo, in primavera andai al mare proprio in quella spiaggia mai affollata. Il barcone era lì, e ancora lì è, abbandonato. Allora avevo con me la macchina fotografica e ce l'avevo anche a gennaio di quest'anno.
In gabbia (foto Giorgio Caccamo, 7/1/2011)
Quell'imbarcazione azzurra non ha incuriosito solo me e la stampa. Persino turisti veneti si sono dilettati a fotografare il barcone, insolito "monumento" siciliano. Anche il Pd cittadino ha preparato un suo dossier per il prefetto Francesca Cannizzo. Non prima di aver parlato con la Capitaneria di Porto e l'Agenzia delle Dogane, cui spetta la rimozione del barcone, non più sotto sequestro. Se la prefettura di Ragusa ne fa esplicita richiesta, la procedura può essere più rapida. Condizioni della barca: strutturali buone, igieniche pessime. Immondizia, animali randagi, topi: ecco perché bisognerebbe rimuovere e demolire il barcone. Ma forse anche per una questione di immagine.
Peccato che intorno alla piccola spiaggia si sia fatto scempio edilizio. Non ultima la villetta nella vicina Ciriga, per la quale la Procura di Modica ha rinviato a giudizio la moglie del governatore Lombardo.
Tripoli, Libia (foto Giorgio Caccamo, 6/5/2010)

489 (foto Giorgio Caccamo, 6/5/2010)

lunedì 14 marzo 2011

Turisti fuori stagione a Lampedusa

Non bastavano gli sbarchi. Non bastavano le indagini. Non bastavano i disagi. No, Lampedusa aveva proprio bisogno di visite eccellenti. Per non sentirsi abbandonata e dimenticata, l'isola non poteva fare a meno della visita di Marine Le Pen e Mario Borghezio. Tanto la Lega era già arrivata a Lampedusa da tempo, infatti si aspettava che ad accompagnare i due eurodeputati ci fosse pure il vicesindaco Angela Maraventano (ristoratrice marchigiana a Lampedusa, vice di Bernardino De Rubeis a più riprese, senatrice padana eletta in Emilia-Romagna: la globalizzazione in una sola persona, leghista). La senatrice non ha potuto esserci, ma sicuramente il duo sa come cavarsela. E cosa ci vengono a fare Mario&Marine nelle Pelagie? Ovvio, a vedere come vanno le cose nell'isola, a visitare il Cpt-Cie-o-quello-che-è di contrada Imbriacola e a incontrare il sindaco De Rubeis. Borghezio non è neanche nuovo a queste gitarelle, stranamente gli fanno trovare i centri per immigrati sempre in ordine. Certo, gran tempismo il sindaco: prima si fa indagare per istigazione all'odio razziale, ora accoglie la candidata del Front National alle presidenziali francesi 2012 in compagnia dell'uomo che agli stessi xenofobi transalpini insegnava i trucchi per continuare a propagandare razzismo senza sembrare razzisti.
Un collega di partito di Borghezio (e della senatrice Maraventano), che incidentalmente guida il Viminale e si chiama Roberto Maroni, pensa che la Le Pen ne approfitterà per farsi campagna per le elezioni francesi. Sai quanti voti raccoglie a Lampedusa la bionda Marine?!? Poi se propone di assistere i migranti in mare senza farli (anzi, per non farli) sbarcare sull'isola... Ministro Maroni, non si preoccupi, Marine Le Pen dice di condividere la posizione della Lega sull'immigrazione, anche lei se la prende perché la stampa italiana li dipinge come razzisti, xenofobi e antisemiti.
Se davvero Marine Le Pen di Jean-Marie da Neuilly-sur-Seine è venuta a cercare voti, chissà se ha letto lo striscione con cui l'hanno accolta all'aeroporto. In francese, quindi una nazionalista sciovinista (ma non razzista, eh) come lei dovrebbe capirlo: "Liberté, egalité, fraternité : aussi pour les sans-papier". Pure Borghezio sa il francese, quindi gli risparmio la traduzione.


domenica 13 marzo 2011

Ieri, oggi, Poidomani

A volte mi capita di navigare alla ricerca di date ed eventi significativi, non solo quando cerco notizie per questo blog. Il 13 marzo 1979, trentadue anni fa (beh, non proprio cifra tonda da anniversario, ma tant'è), moriva a Modica uno dei miei concittadini più illustri, purtroppo poco conosciuto. Raffaele Poidomani Moncada, di famiglia nobile e con antenati nell'amministrazione della storica Contea di Modica, è stato scrittore, storico e giornalista. Il suo nome è legato al capolavoro Carrube e Cavalieri, un libro che nel 1954 quasi anticipa l'umorismo raffinato di Tomasi di Lampedusa (Il Gattopardo uscì nel 1958) nel raccontare una saga nobil-familiare di inizio secolo. Ho sempre pensato che questo fosse uno dei libri obbligatori da leggere per un siciliano, perlomeno per un modicano o un ibleo in generale. Del libro ho anche un ricordo visivo, la copertina ingiallita che lo rendeva vecchio quasi quanto la storia raccontata. Però dalle mie parti non lo conoscono in molti, solo nel 1970 è arrivata una seconda edizione pubblicata a Ragusa (la prima era romana). Io lo consiglio, mi concedo questo spazio "letterario".
Al funerale c'erano solo i parenti, il medico curante, il senatore Dc Giuseppe La Rosa e il sindaco Gaspare Basile. Solo, malato e dimenticato. Non ho pretese, ma spero che qualcuno, leggendo queste righe, si incuriosisca e gli renda onore e merito. Di Poidomani si è parlato un po' più del solito due anni fa, per il trentesimo della morte. Gli è stato intitolato un circolo didattico a Modica. Ricordo poi che il concittadino Carmelo Chiaramonte, chef razionalmente folle (lui si fa chiamare "cuciniere errante"), dedicò due giorni allo scrittore ricreando un menù con i piatti citati nel libro.
Invece Raffaele Poidomani è molto più noto a Modica per essere il padre di Aristide, clochard cinquantenne simpatico e casinaro che vanta addirittura un fan club su Facebook con duecento sostenitori. Aristide è il figlio di Poidomani e della pianista veneta Federica Dolcetti, morta nel 1999. Chissà quanti dei fan hanno mai letto i libri del papà, oltre ad aver ascoltato i concerti improvvisati di Aristide sotto il municipio...

sabato 12 marzo 2011

Raschiare il fondo del barile

Il sito de la Repubblica ha lanciato da due mesi un'iniziativa interessante. I lettori possono scegliere un argomento, tra cinque proposti, su cui i giornalisti della testata poi faranno un reportage. Tutte inchieste su temi ambientali. Uno degli argomenti mi interessa più di altri, da anni e non solo per i suoi recenti sviluppi: le trivellazioni petrolifere in Sicilia. Non sono della schiera del 'no' a tutti i costi, ma su questo tema ho alcuni motivi che mi spingono a essere contrario. Andiamo con ordine, partendo dall'oggi (o dal domani) per tornare indietro di qualche anno.
L'ultima questione in ordine di tempo è l'esplorazione (tecnicamente prospezione) dell'inglese Northern Petroleum dei fondali al largo di Pantelleria, ripresa sei mesi dopo il blocco decretato dalla provincia di Trapani. Le autorizzazioni alla trivellazione in Sicilia sono un centinaio, tra richieste e già concesse, limitandoci a quelle off-shore, cioè in mare. Al largo di coste vicine a centri turistici, aree marine protette e in alcuni casi zone sismiche.
Il caso di Pantelleria è stato preceduto negli ultimi anni da casi analoghi che però interessavano anche la terraferma. La Sicilia non ha mai avuto una vera strategia industriale e la presenza di risorse energetiche sul territorio non è cosa da poco. D'altra parte, le polemiche ambientaliste sono ultimamente rivolte anche all'installazione di impianti eolici e fotovoltaici. Il caso di trivellazione più controverso che ricordo e mi ha coinvolto è quello del Val di Noto. Casa mia, praticamente.
Dal 2000 la multinazionale texana Panther Oil ha avviato contatti con le amministrazioni siciliane per ottenere l'autorizzazione a piantare pozzi nelle campagne non lontane dai siti che l'Unesco ha dichiarato Patrimonio dell'Umanità nel 2002. La Regione ha concesso i permessi nel 2004, ma l'anno dopo scoppia la polemica e il governo blocca le concessioni. Tra il 2005 e il 2007 il Tar accoglie però due ricorsi della Panther, che intanto ad agosto 2007, dopo una polemica ambientalista e politica (a giugno Andrea Camilleri aveva lanciato un appello ancora su Repubblica: 30mila firme raccolte contro le trivelle) dichiara di rinunciare a cercare il petrolio. Nel 2008 invece il Tar cambia idea e blocca i petrolieri texani; due anni dopo è il Consiglio di Giustizia Amministrativa (Cga) a riconsentire la ripresa delle perforazioni.
Quando scoppiò la polemica del 2007, io non ero neanche a Modica, uno dei gioielli barocchi nei siti Unesco, però seguii la vicenda e mi feci una mia idea. La concessione era stata rilasciata dalla giunta Cuffaro (Udc), ma contrastata dall'allora assessore An ai Beni culturali e poi al Turismo, Fabio Granata. Sì, il pasionario futurista. Partita la protesta, poi si sono accodati un po' tutti, per convenienza politica. L'allora sindaco di Modica, Piero Torchi (Udc), si appropria della battaglia, come succederà pure nel caso delle proteste contro la privatizzazione dell'acqua. Eppure da sindaco, la gestione del ciclo dei rifiuti, il piano regolatore, le concessioni edilizie, beh, non sembrava averle seguite proprio con piglio ambientalista. Ma oltre a lui anche il presidente della provincia di Ragusa, Franco Antoci, altro Udc, si schiera dalla parte della protesta. E l'oggi ex deputato Peppe Drago (indovinato: Udc!) si era reso disponibile a portare la questione a Roma. Insomma, un balletto di responsabilità, di distinguo e di strumentalizzazioni.
Ora, le trivelle della Panther non sarebbero state installate sul sagrato delle chiese barocche del Val di Noto; a Ragusa ancora fino a qualche mese fa c'erano pozzi petroliferi sicuramente più invasivi e tecnologicamente arretrati di quelli texani. Però l'impatto ambientale sarebbe stato ugualmente forte. L'accordo prevedeva la suddivisione delle royalties dell'estrazione tra Regione (un terzo) e Comuni interessati (due terzi), più un contributo della multinazionale per la realizzazione di opere ambientali e infrastrutturali.
Non è sbagliato pensare a uno sviluppo industriale della Sicilia, né si può pensare che bastino agricoltura e turismo, però preferirei non vedere il meraviglioso paesaggio siciliano (ibleo in particolare) sventrato senza ritegno e criterio in nome del dio denaro e della corsa all'oro - nero.
Non so se i lettori di Repubblica.it sceglieranno il tema del petrolio siciliano. Non avrò mai le competenze dei colleghi (sic) Antonio Cianciullo e Valerio Gualerzi che si occupano delle inchieste, ma la mia almeno l'ho detta. E vabbè, non mi faccio mancare neanche la chiusa populista: meno trivelle, più scavi archeologici.

martedì 8 marzo 2011

Pesca di beneficenza

L'economia di un'isola si basa anche sulle risorse offerte dal mare che la circonda. Nel caso della Sicilia, il mare è tanto e le opportunità non mancherebbero. Qualcuno parla addirittura di una "Blue Economy" come guida di uno nuovo sviluppo mediterraneo. Pesca e turismo, sostanzialmente. Ma le acque in cui navigano le due attività sono diverse: la pesca è in alto mare - figurato e non, mentre il turismo galleggia solo grazie a qualche provvidenziale salvagente lanciato da Bruxelles.
Secondo il distretto della pesca di Mazara del Vallo, in meno di tre anni si sono persi almeno 4.500 posti di lavoro, si è ridotto il pescato di quasi un terzo, sono crollati i prezzi alla banchina di molte specie ittiche e al contrario c'è stata l'impennata nei costi di produzione. E mettiamoci pure le tensioni con la Tunisia e la Libia.
Ecco perché la Regione Siciliana ha messo a disposizione sette milioni di euro. Non tantissimi. L'assessorato alle Risorse agricole e alimentari, guidato da Elio D'Antrassi, dunque non ha fatto altro che concedere i contributi previsti dal Fondo Europeo per la Pesca (Fep) per gli investimenti sui pescherecci per il 2011, come pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale regionale (Gurs).
La Regione invece ha investito di più nel settore della nautica da diporto, realizzando interventi (sempre grazie ai fondi europei) in una decina di porti siciliani, tre dei quali nelle isole minori. Per l'assessore al Turismo, Daniele Tranchida, questi porti possono essere la porta d'accesso al più complessivo sistema turistico dell'Isola. Però occorrerebbe un "sistema-mare" integrato tra pesca e turismo, con qualità e competività nei servizi.
Altrimenti arrivano i turisti con i loro begli yacht e poi non trovano il pesce fresco.

lunedì 7 marzo 2011

Illegittima Difesa

Vediamo se finalmente comincia a cadere il velo di omertà nelle forze armate. Una volontaria dell'Esercito, una 24enne siciliana musulmana, ha denunciato alla magistratura ordinaria di Catania e a quella militare di Napoli tre superiori, due ufficiali e un sottufficiale, per molestie sessuali e abusi. Subiti in caserma e in missione in Kosovo. Tra i superiori denunciati, anche una donna che avrebbe provato a costringere la soldatessa a un rapporto di gruppo con due militari stranieri e l'avrebbe umiliata per vendicarsi del rifiuto. E gli abusi sessuali sono solo una parte del mobbing (del nonnismo, per dirla con termini più consoni all'ambiente): la caporale si è detta oltraggiata nel suo credo religioso, perché costretta a partecipare alle funzioni religiose cattoliche.
Come sempre accade, i superiori dei superiori della soldatessa non hanno creduto al racconto della donna. Che si è decisa a denunciare solo dopo che era stata ignorata anche la semplice richiesta di essere impiegata in una caserma diversa da quella dei tre comandanti.
L'avvocato della caporale è Giorgio Carta, ex ufficiale dei carabinieri. Ma non solo: Carta è anche presidente del Partito Sicurezza e Difesa (Posd, la 'o' sta per "operatori"). Non potendo formare rappresentanze sindacali per rivendicare i propri diritti, è nato nel 2009 il primo partito costituito da appartenenti delle forze armate. Il dicastero di La Russa ha fatto sapere che non è vietato, ma ad alcuni militari dell'Arma sono state comminate sanzioni disciplinari per la loro iscrizione al Posd. Però in altri partiti ci sono esponenti militari che non hanno mai avuto problemi con i rispettivi comandi. Mentre i provvedimenti disciplinari toccano pure a due poliziotti - quindi inflitti dal Viminale. Peraltro il partito ha rapporti con l'Idv di Di Pietro, perché l'ex poliziotto sarebbe sensibile alle problematiche del settore.
Il presidente Carta e il segretario Giuseppe Paradiso ora dicono che il Posd si costituirà parte civile nel processo contro i comandanti molestatori della caporale siciliana, una "precaria con le stellette". Sempre che questo processo si faccia.

giovedì 3 marzo 2011

Sintonizzate le antenne sul Canale di Sicilia

Non vorrei far diventare questo blog monotematico sull'immigrazione (uhm, avrei potuto...), però non posso fare a meno di parlarne. Continuano gli sbarchi, ma pare che qualcuno abbia trovato una soluzione bella e pronta fornita da Israele. Un sistema di vigilanza anti-sbarchi via radar, su un'antenna alta 36 metri piazzata giusto nel bel mezzo di un'area di grande valore paesaggistico-ambientale-archeologico. Questo a Siracusa, dove è stato installato il primo traliccio della Elta Systems, presso Capo di Murro di Porco, all'interno dell'area marina protetta del Plemmirio. Un mega-dispositivo a microonde dentro una riserva naturale. Comprato dal comando generale della Guardia di Finanza. Siracusa diventa dunque zona militare, per controllare il "traffico" nel Canale di Sicilia. Traffico naturalmente umano, tanto mica ci passano pure armi e droga. Ma il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, siracusana, si è impegnata a far rimuovere l'antenna. Credo per esclusive ragioni di competenza ministeriale, chissà se ne ha discusso con il collega del Viminale.

mercoledì 2 marzo 2011

O la Borsa o la vita

I mercati borsistici internazionali si fondono, si avviano a creare grandi coalizioni trans-continentali. Possibili vantaggi: contenimento dei costi, miglioramento della qualità dei servizi, maggiore concorrenza, competività in specifici settori (ultraspecialistici). Al contrario, il rischio è l'aumento dei conflitti di interesse, perché le borse stesse sono quotate e finalizzate al profitto degli azionisti, che spesso coincidono con i clienti dello stock exchange. La tendenza potrebbe portare alla riduzione delle borse mondiali a cinque o sei entro il 2020.
Chissà se però entro quell'anno - neanche troppo lontano - pure la Sicilia inizierà a integrarsi nel sistema finanziario internazionale. Oggi c'è infatti una sola società siciliana quotata in Borsa, la Aicon di Pace del Mela (ME). La Aicon è un'azienda cantieristica che produce yacht e barche da diporto, quotata dal 2007 a Piazza Affari. Tra irregolarità informative e false comunicazioni alla Consob, la società ha sperimentato grosse perdite, tamponate solo dopo la ristrutturazione grazie all'accordo con Meridie, gruppo napoletano specializzato in finanziamenti alle Pmi del Sud Italia.
La Sicilia non ha mai avuto una società locale nel settore new tech sui mercati azionari, nonostante le agevolazioni offerte dalla Borsa nazionale fino al 2000. A Catania c'è un importante stabilimento della ST Microelectronics, con laboratori di ricerca e impianti manifatturieri di microprocessori. Qualcuno chiama questa zona Etna Valley, per le sue aziende nel campo dell'elettronica e dei semiconduttori. Ma nessuna è siciliana, ST è italo-francese, con sede a Ginevra. E la crisi del settore qui è stata forte.
La Sicilia probabilmente non riuscirà a sfruttare le potenzialità dell'evoluzione del mercato borsistico. Nulla di strano, in uno scenario dove ancora è difficile l'accesso alle risorse creditizie tradizionali.

6.001 indagati

Ancora sbarchi a Lampedusa. E questa non è più una notizia. Invece fa notizia che la magistratura abbia iscritto nel registro degli indagati per immigrazione clandestina (ah, la Bossi-Fini...) i seimila finora arrivati nell'isola. Ma perché non si dica che si fa torto a qualcuno, anche il sindaco di Lampedusa, Bernardino De Rubeis, ha un fascicolo aperto a suo nome per istigazione all'odio razziale. La colpa, aver emanato un'ordinanza contro "accattonaggio e comportamenti non decorosi" delle migliaia di migranti per le stradine dell'isola. De Rubeis si difende dicendo che l'ordinanza è rivolta in realtà a tutti, italiani e stranieri. Sarà, ma non è così strumentale legarla all'emergenza migratoria. D'altra parte, la popolazione lampedusana è stanca e ha grandi difficoltà a vivere serenamente in una terra che sembra abbandonata a se stessa, dove comunque è forte il senso di ospitalità. Forse manca semplicemente un po' di buonsenso. Atti dovuti (obbligatorietà dell'azione penale), per carità, ma è legittimo il dubbio che non siano la soluzione migliore al momento. Certo è che viene da riflettere sulla separazione dei poteri: il parlamento si occupa (non è ironico) di altro, il governo manco a dirlo, quindi resta la magistratura. Ah, sempre questi giudici...

martedì 1 marzo 2011

Io non sono leggenda

L'argomento è di quelli che mi fanno impazzire. Leggende metropolitane. Impazzire non nel senso che mi piacciono, anzi proprio mi danno fastidio. Bambini rapiti dagli zingari (al Viminale nessun fascicolo in merito), nomi strani sull'elenco telefonico (la signora Rosa Culetto pare sia palermitana e pure padovana), auto nere e organi spariti (tutte le periferie italiane passano per terre di nessuno dell'Est Europa post-sovietico), curiosi ricoveri per giochi sessuali estremi (paese pieno di pervertiti e barellieri "fortunati") e altre amenità. Tutte vere, per carità, se la maggioranza delle persone ci crede e ne parla, sarà così. I miei commenti tra parentesi sono semplicemente flussi di coscienza ironici, mi sbaglio io, sono tutte storie credibilissime. Del resto, chi di noi non ha almeno un "cuggino" che ce le ha raccontate?
Una delle migliori rimane però quella della pantera. Fuggita da un circo o da improbabili ville. Ormai un classico. Ricordo di averla sentita la prima volta quando avevo 6-7 anni. Tutte le città italiane, medio-grandi soprattutto, hanno almeno una volta sperimentato la presenza del grosso felino, spauracchio delle infanzie di generazioni di bambini. Non giocate nei cortili e nei campi, ché arriva l'uomo... ehm il gattone nero.
Negli ultimi mesi, a partire dall'estate, almeno due avvistamenti (termine ufologico...) in Sicilia, democraticamente distribuiti tra Palermo e Catania. Alle pendici dell'Etna, alla bestia erano state attribute le barbare uccisioni di povere pecorelle. Poi i veterinari dell'Asl locale hanno correttamente notato che i morsi erano più compatibili con i denti di un cane. Subito identificato, poi scagionato: e scagionato quel cane, inevitabilmente la colpa torna alla pantera. Anche nei dintorni del capoluogo di regione è stato visto un esemplare di panthera leo. Di solito, se ne parla per qualche giorno, poi passa la voglia. Che però ritorna con periodica precisione. Infatti la pantera che aveva occupato le annoiate discussioni estive dei palermitani, ora è tornata alla ribalta e sarebbe riapparsa in un video di Studio Aperto. Non commento, non mi sforzo a interpretare un'informe macchia nera mandata in onda dal tg di Italia1. Tutto credibile.