martedì 10 luglio 2012

Arancina meccanica

A differenza di molti miei conterranei che ne hanno fatto una questione di principio quasi "ideologica", io gli aerei della discussa WindJet li ho presi diverse volte in passato. Essendo stato dunque un cliente della compagnia, ricevo ogni tanto email con offerte e notizie. Come tutte le altre di analogo tenore, finiscono spesso nel cestino. Ieri no, però. Ieri ne ho ricevuto una davvero particolare. E l'ho conservata.
L'inconfondibile profilo siculo
di zù Arancinu
Si tratta di una curiosa campagna di comunicazione, promossa da WindJet Mobile e dal portale Twittering Tube. Iù sugnu sicilianu!!, "lezioni semiserie di lingua siciliana e sicilianità". Con un professore d'eccezione, zù Arancinu. Ventiquattro lezioni gratuite fino al 30 giugno 2013. Un anno con proverbi, miniminagghi (indovinelli), situazioni, modi di dire, piatti e dolci tipici. Naturalmente non sto facendo pubblicità a questa iniziativa, mica Pulvirenti ha bisogno di me.
Siccome si tratta di una cosa semiseria, allora mi adeguo anche io. Anzi , o meglio ìu. Oppure ? No, non è una filastrocca. Semplicemente una constatazione linguistica. non è siciliano, è catanese. Dalle mie parti invece si dice ìu. E è messinese. E mi sono limitato alla Sicilia orientale. Questo per dire che le lezioni – appunto semiserie – non sono di siciliano ma di catanese! Infatti gli esempi riportati nel messaggio pubblicitario sono decisamente caratterizzati da un umorismo made in Etna. C'è il proverbio Cu di n'sceccu ni fa n'mulu, u primu cauciu è do so' (riporto la grafia così com'è nel messaggio): se tratti qualcuno (l'asino) come un mulo (animale di maggior valore), quindi con più rispetto, sarai ricambiato con un calcio. Saggezza molto siciliana, senza dubbio, ma credo che chiunque in Trinacria sia in grado di collocare geograficamente l'espressione "do so'". E anche chi, nella "situazione" proposta, chiede una granita con panna e si lamenta del fatto che "d'a panna ci misi sulu u ciauru" (c'è solo l'odore della panna), sembra uscito da una di quelle barzellette in dialetto che imperversano sulle tv catanesi. Ma va bene, anzi benissimo. Meglio se lezioni così le fa chi sa non prendersi sul serio.
Chi pensa che la mia sia inutile pedanteria o pignoleria (non pignolata, quella è messinese), avrà pure ragione. Ma almeno un particolare tutti i siciliani dovrebbero notarlo. L'insegnante esclusivo è zù Arancinu. Zio Arancino. Un nome che se non è catanese, perlomeno va dallo Stretto a Capo Passero. Di sicuro a Palermo non si affiderebbero mai a uno così. Lì non esistono arancini. Quella delizia che altrove tentano con inutili e spesso osceni risultati di imitare, inserita nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali (Pat) riconosciuti dal ministero dell'Agricoltura, nel capoluogo si chiama "arancina", al femminile. Si dice perché prende il nome dall'arancia, di cui replica la forma. Eppure anche a est il riferimento è il frutto simbolo dell'Isola. Solo che qui è maschile, come l'albero. E peraltro la forma è a cono. Insomma, la questione a suo modo è seria e irrisolta. Una disputa vecchissima e forse non solo campanilistica. Intanto il Traina, uno dei dizionari siciliani più importanti, già nel 1860 riporta "arancinu". Edito a Palermo, peraltro. Per Andrea Camilleri, agrigentino, quelli di Montalbano sono gli arancini, non le arancine. E lui di cibo se ne intende...
Già 1.700 persone si sono iscritte a questo corso atipico di siciliano(-catanese) via mail. Tutti aspirano a diventare siciliani "cca scorcia". Con la corteccia o con la scorza, cioè. Che poi potrebbe essere proprio la scorza d'arancia. Non d'arancina, casomai di arancino, giusto ?

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