martedì 2 dicembre 2014

Saro Tommasi

Non ricordo bene, era il 2005 oppure il 2006. A Firenze, nel polo scientifico universitario di Santa Marta, vidi per la prima volta Rosario Crocetta. Era ancora sindaco di Gela e in quell'occasione parlava, in un'auletta poco affollata ma con un pubblico giovane e molto interessato, di mafia e antimafia. L'incontro era organizzato con la Fondazione Caponnetto e c'era anche Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell'Associazione familiari vittime della strage di via dei Georgofili. Io andai con mia sorella. Eravamo in pochi, in effetti.
A un certo punto, un ragazzo chiese a Crocetta quanto fosse difficile vivere sotto scorta, e soprattutto quanto questo influisse sulla sua vita familiare. Insomma, Crocetta, ma non si rende conto che con le sue battaglie mette in difficoltà anche i suoi cari? Sì, Crocetta ne era e ne è profondamente consapevole. Saro parlò però di sua mamma, i suoi affetti erano lei. Lo sapevamo benissimo tutti che Crocetta è omosessuale, io sinceramente non mi aspettavo che dicesse qualcosa tipo "eh sì, mi spiace per il mio fidanzato". No, non lo disse. E non dovrebbe dirlo, in un mondo normale. Fatti suoi.
Ecco, ho sempre trovato viscido e squallido che si facesse ricorso alle scelte private di Crocetta per screditarne l'azione politica e sociale. Di difetti l'uomo ne ha tanti, politicamente parlando, a partire da una certa voglia di esercitare e mantenere il potere nonostante tutto. E a me – che non l'ho votato – interessa questo, casomai.
Invece vedo che ultimamente l'orientamento sessuale di Crocetta è entrato di diritto nel novero dei motivi per cui criticarlo. Ricordo solo Beppe Grillo che l'ha definito «uno che ormai non si sa cosa sia, da tutti i punti di vista». Chissà quali punti di vista stesse esaurendo Grillo nella sua veloce disamina... E poi ci sono le ultime esternazioni mediatiche. Prima quella dell'assessore all'Urbanistica della Regione Lombardia, Viviana Beccalossi di Fratelli d'Italia. «Frocetta, prendi del Valium! Ma vuoi stare zitto? Hai queste crisi isteriche un po' femminili». Non c'è peggior maschilista di certe donne. La signora Beccalossi, poi, alle cronache politiche è nota perché nel 2003, in campagna elettorale a Brescia, il suo allora leader Silvio Berlusconi disse «Forza Viviana! Fagliela vedere». Lei disse di non essersene accorta "lì per lì".
Ma al di là del sessismo omofobico di una donna di destra tutta d'un pezzo, ieri si è fatta segnalare un'altra perla. L'autrice – perché anche in questo caso si tratta di una donna, guarda un po' – è Sara Tommasi. Purtroppo sì. Ecco la lezioncina di una donna che ha avuto qualche problema anche con la sua sessualità:
Eh vabbè, le cose dunque stanno così. C'era più coerenza nel sentirsi rappresentati da presidenti di Regione indagati o condannati per reati di mafia? Nulla contro Sara Tommasi – che pure ha continuato a ribadire che stava solo scherzando e non c'è nulla di male a dire certe cose. Semplicemente mi diverte, paradossalmente, la bassezza del livello dialettico, retorico e propagandistico cui siamo arrivati. Soprattutto mi fa sorridere amaramente che la ragazza di Terni è la naturale evoluzione di un pensiero lungo secoli, da D. H. Lawrence agli altri scrittori del Grand Tour, da Vitaliano Brancati a Lando Buzzanca, dalla commedia sexy al delitto d'onore, dall'omofobia di paese agli stereotipi sessuali di una bassissima antropologia d'accatto, dall'alta letteratura alle battute da terza elementare. Povera Sara, povero Saro. Poveri noi.

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